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Archi
1998 – 2000
Ferro
Formati vari

 

Il termine “Archi” fa riferimento a quell’“Arco di Trionfo” che nella storia rappresenta e definisce un “passaggio” sottolineandone fortemente l’evento. L’Arco n.1” è il primo passaggio, la nascita, e non si fa fatica, guardandolo, a cogliere il riferimento alla sessualità femminile pur nella massa di ferro alta 320 cm. Nell’“Arco n.2”, alto 560 cm, gli elementi sono due, distinti, vivono una propria individualità ma insieme danno vita ad una nuova realtà, un arco che può essere attraversato, e attraversare un “Arco” significa sempre modificare qualcosa di sé stessi.

 

 

Arco n. 2
Un arco in architettura é solitamente una struttura curvilinea, simmetrica, che chiude superiormente la luce di porte, finestre o ponti, unendo in questo modo, due opposti. Può però essere anche una struttura autonoma, ornamentale, simbolica: si pensi agli archi di trionfo di epoca romana, dove particolare importanza aveva il momento del passaggio del personaggio da celebrare, onorare, ricordare. A seconda del tipo di curvatura, assume diverse tipologie e diverse denominazioni: a tutto sesto, acuto, rampante, ribassato … Nell’opera di Ignazio Romeo un arco è sicuramente una struttura a sé, assume diverse e sempre nuove curvature, può assumere una valenza simbolica, può consentire, invitare, se non proprio obbligare, ad un passaggio. Può unire due opposti, attraversare uno spazio, creare uno spazio nuovo. È comunque, sempre, una struttura che si pone in uno spazio e lo trasforma, lo significa. Il suo Arco n.1 con le sue molteplici tensioni, in continua mutazione a seconda del punto di vista, voleva essere attraversato, voleva invitare a scoprire nuove dimensioni, nuove sensazioni nella diversificazione di un “al di qua” e un “al di là”, per una presa di coscienza; come in un’iniziazione, in una rinascita. Arco n. 2 suggerisce ancora una volta l’idea di diverse tensioni, attraverso linee curve ed essenziali, forme triangolari, lanciate verso l’alto: ali, vele, luminosissime che partono da terra per raggiungersi nel punto più alto; la scelta del ferro anche in questo caso non é casuale, consente maggior elasticità. Questa volta però l’unione dei due opposti non si verifica; i vertici dei due corpi non si incontrano, le due direzioni si incrociano sovrapponendosi solo nell’illusione di una visione frontale, in realtà si sfuggono, quasi si ignorano. Il contatto non avviene, rimane a livello di desiderio, di aspirazione, forse. L’idea che viene a crearsi é quella di una tensione non risolta. Gli estremi non si toccano, gli opposti non coincidono. Eppure queste forme, ali o vele, trovano il loro significato proprio nello slancio del loro desiderio, nella forza della loro aspirazione, per un incontro che potrebbe costituire una soluzione o al contrario trasformarsi in uno scontro, o che potrebbe anche rimanere sempre inappagato. E tutto ciò possiede il coraggio della sfida.

 

Franca Marri

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